"Senz'altro la brevità. In quest'adattamento è scelta la summa della tragedia, la crisi di ognuna delle troiane. C'è Ecuba, e Cassandra, e poi Andromaca, Elena. C'è il messaggero iniziale che diventa Menelao. In un'ora si dicono le cose fondamentali."E poi?
"Poi è ancora più pronunciato un messaggio molto importante: la guerra non è lontana, ma ci appartiene.Voi europei disprezzate l'Oriente e l'Africa, ci chiamate barbari, ma quando la cupidigia e la vanagloria vi portano qui, saccheggiate, torturate e massacrate.
E ci appartiene in modo sorprendente. Si pensi alle parole di Andromaca quando si scaglia contro i greci venuti a distruggere Troia: "
Chi sono allora i barbari?
". Ecco, è incredibile quanto l'idea di uno scontro continuo tra Occidente e Oriente sia antica. Ma da un po' questo spettacolo, per me, ha assunto uno spessore ancora diverso."Vale a dire?
"È successo un mese dopo il terremoto in Abruzzo. Ascoltavo le parole della presidente della Provincia dell'Aquila (Stefania Pezzopane, ndr), e sono rimasta sconvolta.
A un certo punto ha detto esattamente quel che dice Ecuba all'inizio delle Troiane: "Noi non abbiamo più lacrime".
E lo diceva con voce rotta, ma andava avanti. Allora io ho capito, io mi sono detta che era così che dovevo dire quella frase. E poi c'era la responsabilità. Quella su cui invocava di indagare la presidente, come quella che sente Ecuba. Che da regina è responsabile quanto e più degli altri troiani, perché di fronte all'ignoto del Cavallo non ha saputo scegliere al meglio, e lei stessa ha tirato dentro le mura quella che sarebbe stata la fonte della devastazione della sua città."
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