lunedì 22 luglio 2013

La collezione Malakos a rischio

Seicentomila pezzi a rischio sbriciolamento. Il processo di ossidazione, favorito da pessime condizioni di conservazione, rischia di far dissolvere gran parte della collezione "Malakos", che il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), ha riconosciuto come una delle più grandi e ricche collezioni private sulla biodiversità marina. É un grido di allarme, quello lanciato da Gianluigi Bini, il ricercatore naturalista che in oltre 40 anni di attività ha messo insieme un patrimonio complessivo di 600mila tra conchiglie, molluschi marini e continentali provenienti da tutto il mondo e rarità zoologiche, mettendolo nella disponibilità del Comune allo scopo di creare
"il primo museo pubblico d'Italia per la malacologia."
La collezione è attualmente ospitata al piano inferiore della Pinacoteca. Un allestimento che doveva essere provvisorio in quanto i reperti necessitano di un microclima idoneo a garantirne la conservazione. Inoltre, i locali non sono agibili, secondo quando riferisce il ricercatore, per ospitare laboratori didattici e scolaresche. Da alcuni giorni giorni il docente sta imballando, con le lacrime agli occhi, tutta la collezione.
"Sono rammaricato perché comprendo le difficoltà degli enti locali, ma di fronte al rischio di veder marcire quarant'anni di ricerca, sono costretto a prender contatti con altri musei per salvare la collezione. Non voglio farlo; il mio desiderio è che Città di Castello continui ad aver il suo museo delle conchiglie."
Il professore estrae una teca, prende in mano una conchiglia e comincia a togliere una patina biancastra.
"Non è polvere, ma il risultato dell'ossidazione dell'acido carbonico che sta lentamente dissolvendo il carbonato di calcio di cui sono fatte le conchiglie."
Un mollusco abissale, in un contenitore sul tavolo di lavoro, mostra l'evidente aggressione delle muffe. I locali non sono dotati di deumidificatore e il tanfo di muffa prende alla gola non appena si scendono le scale. Un patrimonio che rischia di dover "migrare" altrove se il Comune non individuerà una nuova collocazione per la raccolta. Non solo una nuova sede espositiva, ma pure un'adeguata promozione che valorizzi la collezione inserendo il un museo della biodiversità marina nel circuito delle offerte culturali del territorio. In attesa di una qualche decisione in merito, Bini è costretto a fare le valige prima che la collezione si danneggi irrimediabilmente. In realtà il Comune, già da molti mesi, si è interessato alla vicenda adoperandosi per una nuova sede espositiva. Diverse le alternative al vaglio tra cui villa Caravelle già sede del museo delle tradizioni popolari e delle arti contadine, dove la mostra sulla biodivesità potrebbe rientrare in un progetto complessivo di polo didattico.
Corriere dell'Umbria Lunedì 22 Luglio 2013

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