sabato 18 ottobre 2008

La vicenda dell'eredità di Alberto Burri non è ancora alla parola fine!

Un vero e proprio intrigo internazionale attorno alla vicenda che ha portato al pignoramento di otto quadri di Alberto Burri.
Sono in molti a credere che siamo solo all'inizio di un nuovo, complicato, intreccio giudiziario. Ancora una volta protagonisti indiscussi gli eredi di Minsa Craig, moglie statunitense del maestro tifernate ma cittadina italiana a tutti gli effetti residente a Città di Castello e la Fondazione Palazzo Albizzini - Collezione Burri nonostante l'accordo tra le parti avvenuto il 28 giugno 2007 con il quale la Fondazione rinunciava ai beni francesi della Craig e gli eredi americani ad ogni pretesa sull'eredità Burri di proprietà della Fondazione.
Una spartizione che però non tiene conto di un punto fondamentale: per l' intesa era necessario avere l'assenso dei creditori della defunta.
Cosa che invece non è avvenuta. Un po' di cronistoria serve a chiarire questa vicenda. Il 28 luglio del 2004 il presidente del tribunale di Perugia incarica il notaio Paolo Biavati di procedere alla redazione dell'inventario dei beni della Craig morta a Nizza il primo novembre del 2003.
Due mesi prima (17 maggio) il fratello, Cecil Craig accetta l'eredità con beneficio di inventario. Ad agosto e per la precisione il 5, anche la Fondazione Albizzini dice sì all'eredità sempre con beneficio di inventario.
Il lavoro di Biavati comincia subito tanto che il 10 agosto viene redatto l'inventario. In quella occasione la Fondazione si rifiuta di partecipare. Passa l'estate e a novembre viene chiuso il verbale di inventario ma stavolta la Fondazione è presente.
L'attività di Biavati non si ferma anche perché, esaurita la fase inventariale affidata dal giudice, a dicembre Cecil Graig conferisce al notaio perugino l'incarico di procedere alla individuazione di tutti i creditori della sorella e alla liquidazione dell'eredità della stessa.
Passa un mese e il professionista in forza al mandato ricevuto richiede a tutti i creditori di insinuare il proprio credito assegnando loro il termine di 30 giorni per la presentazione delle relative dichiarazioni.
Fino a quella data l'azione di Biavati avviene in Italia. Ma per poco tempo. Infatti un creditore, rivolgendosi al tribunale, chiede di verificare la presenza di altri beni, sia mobili che immobili, della moglie di Burri all'estero e in modo particolare in Francia e nel principato di Monaco.
Il tribunale dà il via libera a Biavati che armi e bagagli parte alla volta della Costa Azzurra. Il fatto curioso è che Cecil Graig, che come si ricorderà aveva nominato il notaio come liquidatore, si oppone al provvedimento.
Ma i giudici confermano la decisione tanto che il professionista invia agli stessi tra il dicembre 2005 e il marzo di quest'anno tre relazioni più una definitiva sul lavoro svolto in terra francese e nel principato di Grimaldi.
Si scopre così che oltre le Alpi nel tiepido clima della Costa Azzurra i beni patrimoniali della moglie di Burri ci sono, eccome! Si tratta più precisamente di una casa a Beaulieu sur Maer e di un'unità immobiliare a Eze sur Mer.
Su questi immobili risultano iscritte ipoteche. E le meravigliose opere di Alberto Burri? La ricerca dà scarsi risultati perché sono irreperibili salvo tre quadri che la corte d'appello di Aix en Provence ha dato in custodia al conservatore capo del patrimonio del Museo d'arte moderna di Nizza.
Accordo Intanto arriviamo al 28 giugno dello scorso anno quando tra la Fondazione Albizzini e gli eredi Craig c'è l'ormai famoso accordo.
Per quanto riguarda denari e titoli (del valore di 2 milioni 155mila di euro più un milione e mezzo circa di dollari) questi sono depositati a Montecarlo presso un importante istituto di credito, accesso autorizzato dallo stesso tribunale monegasco su istanza del notaio perugino.
Un aspetto che potrebbe avere conseguenze su tutta la vicenda. Infatti la banca di Montecarlo, nel maggio di quest'anno, conferma che i soldi sono stati già accreditati agli eredi americani su altri conti e istituti bancari.
Il via libera arriva anche dalla Fondazione che
"rinuncia in maniera irrevocabile a qualsiasi pretesa per quanto riguarda questi beni."
Si parla così di illegittimo profitto in danno dei creditori della defunta Minsa Graig dato che il patrimonio ereditario dovrebbe aggirarsi dai 20 ai 30 milioni di euro.
E come sempre accade in storie del genere c'è sempre chi ride e chi, purtroppo, piange ovviamente in maniera metaforica.
Sono in molti a credere che dell'eredità del grande maestro Alberto Burri si tornerà a parlare, e molto presto, nelle aule dei tribunali.

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