mercoledì 27 agosto 2008

Omaggio a De André a Life in Gubbio 2008

E’ la prima volta che si ritrovano insieme nel nome di Fabrizio De André.
Sono Stefano Di Battista, Rita Marcotulli, Giovanni Tommaso e Greg Atkinson, vale a dire i protagonisti di un ciddì uscito nel giugno scorso per la Collana che l’Espresso ha dedicato al jazz italiano.
L’anteprima di “Omaggio a De André” sarà presentata al pubblico domani sera nell’ambito di “Life in Gubbio”, manifestazione di arti varie che intende promuovere il tema della vita nelle sue variegate articolazioni. Questo concerto è in anteprima.
Ma come è nata l'idea di un omaggio a De André? “L'idea di un omaggio a De André è nata discutendone con alcuni amici e dicendo che sarebbe stato bello ascoltare un clima jazz intorno alla sua musica.
Quando ci siamo trovati a ragionare e a esaminare la musica di Faber ci siamo convinti sempre più del nostro progetto, perché abbiamo riscontrato nelle sue melodie un grande livello compositivo, qualcosa che ci faceva addirittura pensare agli standard americani. Quando ci siamo messi e suonare io e Fabrizio Bosso questi temi, abbiamo scoperto che tutti i brani erano stupendi, proprio musicalmente.
E allora ci siamo stimolati sempre di più, anche se abbiamo incontrato dei problemi di scelta, di selezione. La cosa più sorprendente è che a noi le melodie di De André faceva pensare a un livello compositivo simile a quello di Duke Ellington nel jazz.
Anche il gruppo che suonerà a Gubbio è inedito. E' la prima volta che Stefano Di Battista con Rita Marcotulli, Fabrizio Bosso, Giovanni Tommaso e Greg Atkinson si ritrovano insieme con l'unica variante di Atkinson al posto di Roberto Gatto, ovvero la formazione che ha registrato il ciddì dell'Omaggio a De André alla Casa del jazz di Roma, diffuso attraverso il settimanale l'Espresso per la Collana dedicata al jazz italiano.
“Sì è la prima volta che ci troviamo insieme e l'Omaggio a De André inciso alla Casa del jazz di Roma è lo stesso progetto che porteremo a Gubbio domani sera. Un'anteprima che non è mai stata data se non a Roma. L'idea era quella di presentare questo ciddì, dove tra l'altro abbiamo la chicca della voce originale di De André all'interno del brano "Ho visto Nina volare". Con uno stratagemma multimediale riusciremo a mandare in tempo reale la voce insieme a noi che improvviseremo davvero. Una cosa molto toccante perché sentire il suo timbro venir fuori da un concerto solo strumentale è un fatto molto suggestivo”.
Sono abbastanza frequenti le tue incursioni nel mondo del pop e della musica leggera. Qual è la differenza fondamentale tra il mondo della musica pop e quello del jazz?
"Non so. Ma mi sembra di capire che io faccio musica perché amo fare musica e quando vedo persone che fanno musica con serenità e onestà e cuore, la cosa mi appassiona anche se il tipo di musica non è quello che mi appartiene, ma un altro. Mi succede anche con la musica classica, da Mozart a Chopin fino ad Adriano Celentano.
Questo lo dico perché credo che ormai il jazz di Charlie Parker sia finito per cui è necessario guardare sempre avanti. Per quello che mi riguarda io sono un sassofonista probabilmente anche bravo, però mi piace condividere la mia esperienza con altri mondi musicali.
E' chiaro che poi l'esperienza con mia moglie (Nicky Nicolai) a Sanremo è stata straordinaria perché un po' è mia moglie e un po' perché in coppia con la persona che amo”.
Hai trovato il successo in Francia prima che in Italia, eppure oggigiorno si parla di un boom planetario del jazz italiano. Pensi che la Francia offra maggiori opportunità per un jazzista, rispetto all'Italia?
"Se dovessi parlare per me personalmente ovviamente sì. Ho appena fatto trenta concerti di filato, in Francia abbiamo fatto i festival più importanti.
Penso che lì la musica sia forse un pochino più protetta e anche la parte organizzativa sia un po' più amalgamata. In Italia si tende invece ad avere le esclusive e a volte magari un concerto può costare molto con il rischio che invece può andare male, mentre invece in Francia si condivide un pochino di più i grandi concerti e le esclusive".
E del successo del jazz italiano cosa pensi?
"Penso che sia un successo meritato, perché gli italiani sono molto bravi musicalmente. Abbiamo Stefano Bollani, abbiamo dei geni della musica.
Certamente ora gli italiani usano un linguaggio più vicino alla gente che è un po' quello che faceva Armstrong agli inizi quando promuoveva questa musica, anche per lasciare uno spazio al pubblico di comprensione.
Alcuni anni fa il jazz è stato un pochino intellettualizzato e la gente magari non capiva a fondo. Ora si usa un linguaggio un po' più immediato che è un po' quello che in origine appartiene al jazz".
In Umbria stai diventando un ospite fisso. Nel luglio scorso eri a Umbria Jazz, prima ancora a Terni in jazz, ora a Gubbio. Cosa pensi di questa regione?
"Penso che l'Umbria sia una regione straordinaria. Ho scoperto Gubbio lo scorso anno, quando abbiamo fatto la prima edizione di "Life in Gubbio" con Bonolis e sono rimasto folgorato.
La scoperta consiste nel fatto che a Gubbio si può magari passare una settimana tra arte, storia, cultura e specialità gastronomiche. Per cui penso che l'Umbria sia una regione sorprendente dove ad esempio c'è un grande fermento musicale".
Trouble Shootin è il sesto disco per la Blue Note…
"Sì, esatto. Il sesto disco per la Blue Note, ma il primo della mia vita.
Il gruppo che lo ha inciso è un gruppo rivelazione per me, perché ho avuto la possibilità di incontrare tre ragazzi straordinari, dei quali sono innamoratissimo musicalmente, che sono Fabrizio Bosso, Baptiste Trotignon e Greg Atkinson e con i quali potrò continuare "Trouble Shootin" che in realtà non è più un disco ma un gruppo, un gruppo che pensa di produrre ben presto un altro disco, un "Trouble Shootin" volume due, nel quale ognuno di noi cercherà di raccontare la sua storia di vita musicalmente come può, all'interno di questo nuovo ciddì che per altro mi piacerebbe fare live, perché i ciddì in studio cominciano a stancarmi un pochino".

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